Riflessioni di una neo-emigrata (domenica, gennaio 08, 2012)

E' incredibile e a volte stimolante capire come tanti pezzetti di puzzle della mia vita, che già davo per assimilati, digeriti e scontati, si ricompongano in diverse forme a migliaia di km di distanza dal "nido".
Molte battaglie con me stessa-contro me stessa e nel rapporto con gli altri si sono fatte incredibilmente più complesse e sfaccettate e, nonostante a volte pensi che un salto così nel buio non lo augurerei al mio peggior nemico, sono felice di questo percorso.
Una vita estremamente dinamica come quella australiana è decisamente spiazzante per chi viene dall'Italia immobile e polverosa. In 5 minuti può cambiare il corso della tua vita, un si o un no aprono mille orizzonti nuovi o ne chiudono altri. Quando si parte completamente da soli si confida sul proprio buon senso, sulla propria maturità, consolidata da anni di conferme sociali, relazionali e lavorative nel proprio contesto di origine. In ultima analisi, si confida su se stessi al 100%.
Ho pensato che avrei saputo far fronte a tutte le sfide, che non sarebbe stato così difficile come la raccontavano tutti, che in fondo in fondo ero avvantaggiata dalla conoscenza dell'inglese, della cultura anglosassone e da una testarda presunzione di sapere sempre cosa si fa, perchè lo si fa, come si fa.
Eh, corri da mamma e papà, sciocca ingenua, non è affatto così!
Ho avuto un costante e continuo bisogno delle altre persone, quasi in ogni circostanza, come altri hanno avuto bisogno di me, indipendentemente dalla nazionalità, età, background culturale ed economico di riferimento. Mi sono affidata agli altri e viceversa, pretendendo, a volte senza saperlo fornire di mio, una limpidità di intenzioni del tutto utopistica.
Mai mi sarei immaginata di dover far fronte a situazioni limite, di dover combattere contro l'esigenza basilare del dormire, del mangiare, della preoccupazione per la propria incolumità sia in ambito casalingo che lavorativo, del dover imparare a leggere e rileggere lo sguardo degli altri.
Non avevo idea della potenza e della violenza dei pregiudizi culturali ed etnici, dello spaesamento che si prova a comunicare il proprio inglese ai mille diversi inglesi di tutto il mondo.
Insicurezza? Forse.
In Italia mi sarei risposta: "certo, a quintali, rinuncia, che non sei forte abbastanza!".
Ma qui il mantra perenne è "sarà, ma ce la faccio, ce la faccio, cazzo, ce la faccio!": non vincerò il premio Nobel per la pace nel mondo, nè per l'intelligenza più acuta, la simpatia più esilarante o per le scelte più saggie, ma va bene così! Perchè se l'Australia è una sfida continua alla tua pianificazione organizzata ma riesci a sentire di nuovo il tuo fuoco interiore che arde e brucia, allora sai che "in qualche modo", prima o poi, ne uscirà qualcosa. E sia!

Irene, Sydney Gennaio 2012



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